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Le forme dello smarrimento. Il viaggio nell’Inferno di Dalì e Rauschenberg

Le forme dello smarrimento. Il viaggio nell’Inferno di Dalì e Rauschenberg

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O voi che siete due dentro ad un foco
(D. Alighieri, Inferno, XXVI, v. 79)

Come fuggire l’Inferno cieco e muto, se non percorrendone follemente i meandri, impugnando la fiaccola della ragione e dell’emozione? La prima sferzante, superba Cantica dantesca – fino al giorno 17 del mese di Luglio– sarà artisticamente letta e ripercorsa alla luce delle opere dei grandi maestri Dalì e Rauschenberg, presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.

Curato da Lorenzo Respi – autore de “La vita oscena” (Einaudi, 2010) e coautore, insieme ad Aldo Nove, dell’illuminante in quanto evocativo testo sperimentale cesellato a due fuochi per dar lume all’Evento, labirinto di parole e pervasive citazioni che conduce infine alla consapevolezza cromatica della “fiamma antica” dell’inferno interiore – nonchè realizzato dallo stesso scrittore in collaborazione con Mjras e ArtCamù Collezioni d’Arte, il coinvolgente percorso espositivo di memorie e percezioni dal titolo “L’Inferno di Dante. Dalì e Rauschenberg” si propone dunque di edificare nuove forme di smarrimento e catarsi nell’itinerario evolutivo dei simboli iconografici e dell’anima, avvalendosi inoltre dell’impatto visivo multimediale offerto da un grande libro-installazione aperto per gli spettatori: all’interno dello stesso, proiettati dall’etere al ‘tempo interiore’, rinomati attori e letterati del calibro di Giorgio Albertazzi, Carmelo Bene, Roberto Benigni e Vittorio Sermonti, s’alternano per declamare il celebre Canto V dell’Inferno; nella pagina segreto, come porta nella porta, il libro galeotto di Paolo e Francesca – “la prima radice” dell’amore di coloro che, ”Quali colombe dal disio chiamate/ con l’ali alzate e ferme al dolce nido/ vegnon per l’aere, dal voler portate” (vv. 82-84), sottoposte all’eterna voragine – dischiude per sillogismo (M. Fubini) l’equazione moderna dell’autoconoscenza.
Ricavati nei registri superiori d’un progetto architettonico di pregevole “archeologia industriale”, gli spazi alti della prestigiosa Fondazione di via Solari 35 sono dunque costellati dalle ‘illusioni ottiche’ di dirompente ego e surrealismo emozionale create dalle 34 xilografie a trentacinque colori di Salvador Dalì (Figueres, 1904; Púbol, 1989), nonché dall’espressività sorprendentemente pervasiva delle astrazioni-lampo scaturite invece dalle consequenziali 34 serigrafie di Robert Rauschenberg (Port Arthur, 1925; Captiva Island, 2008); realizzate in un arco di tempo relativamente breve vista la complessità espressiva (terminus post quem, 1960) e provenienti da una medesima collezione privata, le opere si amalgamano scindendosi in due livelli espositivo-linguistici per divampare nell’ardente consapevolezza:

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre/ Me miserevole! Per quale varco potrò mai fuggire l’ira infinita e l’infinita disperazione? Perché dovunque fugga è sempre l’inferno; sono io l’inferno.” (L. Respi, A. Nove. Testo sperimentale)

Del “Loco d’ogne luce muto” – “del mondo sanza gente” – Salvador Dalì ripropone gli spasmi tetri di dolore, le prospettive stravolte e angosciose, il viaggio in immagini simbolo che tuttavia nelle xilografie conduce irrimediabilmente alle formule dell’artefice: ben lontani dalle “figure adempiute” della Commedia – secondo la definizione che Erich Auerbach, nel 1944, offriva della “rappresentazione figurale” dantesca – i paradigmi dell’ego del maestro si avvalgono dei temi dell’iconografia cristiana e di una sorta di “persistenza della memoria”, per lasciare al fato l’opera di palingenesi ed istituire per deduzione una tumultuosa tautologia.
Le cifre segrete della simbologia medievale, manifestazioni sensibili del logaritmo divino, divengono invece tracce di attualità – ritagli di giornale, fusioni cromatiche d’emozione, fotografie, residui della memoria – nelle affascinanti serigrafie dello statunitense Rauschenberg: il suo linguaggio muto s’immerge nel tempo, a tastoni procede nel viaggio allegorico d’un altro, palpitando si appropria dei simboli universali dell’anima, e dai meandri dello smarrimento – fronteggiando con i suoi frammenti del quotidiano, la tempesta di antiche forme – apre un varco nella buia struttura per “riveder le stelle”.

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www. fondazionearnaldopomodoro.it

Giada Eva Elisa Tarantino

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