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“Turandot” in scena al Teatro alla Scala di Milano

“Turandot” in scena al Teatro alla Scala di Milano

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Ed il mio bacio scioglierà il silenzio/ che ti fa mia” (Calaf, Atto III)

Dal 10 Aprile al 13 Maggio, al Teatro alla Scala di Milano, in scena la Turandot di Giacomo Puccini. Ad attenderci è un cast d’eccellenza: Maria Guglielmini nel ruolo di Turandot e Marco Berti in quello del principe Calaf, il grande direttore d’orchestra Valery Gergiev – il quale offrirà la sua straordinaria sensibilità coloristica all’orchestra – e l’arte di Daniele Callegari. Al suo debutto scaligero, Giorgio Barberio Corsetti: la “punteggiatura” drammaturgica della rappresentazione, regia e costumi della stessa, saranno affidati alle sue coinvolgenti sperimentazioni.

Dramma lirico in tre atti (e cinque quadri), Turandot è una “fiaba teatrale” che narra la metamorfosi di un’anima, i segreti ed i silenzi lunari da irraggiare, regni del cuore da espugnare per svelarne l’arcano ed infine assediare d’amore: “Ogni fibra dell’anima ha una voce che grida”, sussurra nel I Atto lo straniero che giunge al tramonto nella grande Città Violetta, alla vista della “Principessa di gelo” Turandot. Egli è un “principe ignoto” vestito d’aurora, con “la luce degli eroi […] la superba certezza” in fondo allo sguardo: dovrà sciogliere tre enigmi, pena la morte. Celerà il suo nome, vincerà la notte. E la notte è Turandot, algida e crudele principessa della Cina che ha assunto su di sé una missione, una vendetta da compiere: da entità quasi inumana, essa diverrà fragile, arrendevole. Si aprirà un varco nel suo manto d’argento: sorgerà il Sentimento.

La tua anima è in alto, ma il tuo corpo è vicino! Con le mani brucianti stringerò i lembi d’oro del tuo manto stellato. La mia bocca fremente permerò su di te” (Calaf, Atto III)

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Emblematica risulta essere, vista la complessità dell’argomento, la genesi dell’opera: trattasi di un soggetto fiabesco, “perdutamente” allegorico, sostanzialmente estraneo alla tradizione italiana del Melodramma; una creazione plasmata sull’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi (1762) – il quale, nel 1762, s’era ispirato a sua volta all’Histoire de Calaf et de la Princesse de la Chine dell’orientalista Pétis de la Croix, di alcuni decenni precedente – al fine di rappresentare la gestualità cerimoniale dell’Oriente. Il formulario stilistico del grand-opéra, la trama ideata dal giornalista e sinologo Renato Simoni, i versi poetici di Giuseppe Adami, nonché il climax emozionale intessuto dalle musiche di Puccini, hanno creato la magnificenza. E mentre l’autore si spegneva il 29 novembre 1924 lasciando l’opera incompiuta a partire dall’ultimo preziosissimo duetto, le sonorità timbriche aspre e taglienti della crudele principessa Turandot si placavano al tepore dell’eloquio orchestrale, s’accendevano di archi, rivelavano al cuore in un tripudio di note le armonie dissonanti della metamorfosi di un animo che germoglia di luce ed infine si schiude all’Amore.

Giada Eva Elisa Tarantino

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