Le conseguenze pesanti dopo il disastro in Giappone
Il disastro nucleare in Giappone avrà certamente ripercussioni a breve termine sui consumi, ma sul medio e lungo periodo la storia ci insegna che il segmento del lusso è l’ultimo a entrare in crisi e il primo a uscirne”.
Altagamma ha organizzato un incontro dedicato al mercato indiano del lusso, oggi limitato a circa 0,9 miliardi di euro (meno dell’1% del totale mondiale, contro 17,5 miliardi di euro della Greater China), ma con potenziale per triplicare al 2015, secondo le stime dell’associazione. Tra i punti critici, l’esistenza di barriere tariffarie che vanno dal 37% sui prodotti di lusso al 150% sui vini.
Il mercato maggiore per il lusso restano Usa ed Europa Unita, seguiti dal Giappone, da quasi un decennio “in calo cronico” e in via di superamento proprio da parte della Cina.
Il terremoto in Giappone ha messo in allarme le grandi maison del lusso e della moda, coi titoli in Borsa in caduta libera. Ma la reazione dei mercati sembra più che altro emotiva, se non eccessiva. Se è vero infatti che il Paese del Sol Levante rappresenta oggi il primo mercato al mondo per i beni di lusso, vale circa 18 miliardi, l’11% del giro d’affari complessivo, negli ultimi anni ha però subito un rallentamento e per molte società del settore non è più considerato un mercato in crescita e su cui puntare. Alle porte incombe infatti il gigante cinese. A dirlo è Nomura, casa d’affari made in Japan. “Pensiamo che l’impatto del terremoto sulle società del lusso europee possa essere abbastanza significativo visto che il Giappone è attualmente il primo mercato al mondo per i beni di lusso ma, dopo il declino delle vendite negli ultimi anni, per alcune di queste società il Giappone non è più considerato un mercato in crescita”, spiegano gli analisti di Nomura in un report dedicato all’impatto del terremoto/tsunami sui titoli del lusso europei.
Assieme al rallentamento nel consumo di beni di lusso in Giappone, sono in declino anche le vendite ai turisti giapponesi in viaggio in Europa. “Noi pensiamo, scrive Nomura, che il peso delle vendite ai turisti giapponesi sia inferiore al 5% delle vendite totali dei beni di lusso nel Vecchio Continente, coi cinesi, russi e arabi che hanno assunto una rilevanza uguale se non maggiore”.
Nomura ha, infine, analizzato la diversa esposizione delle principali maison verso il Giappone: in testa Richemont che genera l’11% delle vendite nel Paese, seguita da Lvmh (9% a livello di gruppo, 16% per il solo settore Fashion), Swatch (7-8%), PPR (4% a livello di gruppo, 14% per il settore lusso), Tod’s (4%). Burberry ha accordi di licenza in Giappone che contribuiscono al 4% delle vendite del gruppo.
Yulia Shesternikova