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L’eccellenza italiana seduce Shanghai

L’eccellenza italiana seduce Shanghai

Redazione

L’eccellenza italiana vista con gli occhi dei cinesi è un’insieme fatto di stile di vita e di tradizioni culturali, di marchi del lusso e di maestri artigiani, di tecnologia e di materiali di alta gamma. Beniamino Quintieri, già presidente dell’Ice e Commissario di governo per l’Expo 2010 di Shanghai, da pochi giorni preside della Facoltà di Economia a all’università di Tor Vergata a Roma spiega che ”il successo che ha avuto il padiglione italiano mostra che c’è un grande interesse e una grande attenzione per l’Italia, superiore a quella che noi possiamo immaginare, visto che siamo immersi nelle polemiche e che in Europa ci trattano anche malino”.
L’Italia è un paese che attira ”anche e soprattutto per lo stile di vita, che è molto diverso da quello asiatico e forse proprio per questo è guardato con una certa ammirazione, spesso è immaginato in maniera superiore a quello che è realmente”, dice Quintieri e ricorda l’attenzione ricevuta dal padiglione italiano – più di 7 milioni di visitatori con una media 50 mila al giorno – e soprattutto il fatto che i cinesi su più 150 padiglioni hanno scelto solo quello italiano per lasciarlo dedicato al paese: ”tutto questo esprime il fatto che c’è una domanda da parte del pubblico cinese di vedere cose italiane e le autorità vogliono in qualche modo farvi fronte”.
Quello che ha colpito in modo particolare della presenza italiana a Shanghai, fino ad arrivare a giornali e televisioni, è stato ”aver visto marchi del lusso italiani e ai cinesi noti, come Ferragamo, Tod’s, Zegna, Bottega Veneta e aver visto gli artigiani che lavoravano dal vivo a questi prodotti. Ha colpito molto il fatto che questi prodotti di una particolare qualità fossero il frutto di una manualità come quella che i cinesi hanno in altri settori e che quindi sono forse in grado di apprezzare meglio di altri popoli”.
Per Quintieri ”questo mix di qualità dei materiali, marchi noti e produzione artigianale è stato particolarmente vincente”. Perché ”abbiamo fatto vedere le tradizioni artistiche del nostro paese attraverso delle opere d’arte o delle mostre, insieme alle nostre tradizioni artigianali, portando là per sei mesi a lavorare dal vivo gli artigiani italiani”. Quello che si è voluto mostrare, sottolinea, é che ”l’eccellenza nella manifattura italiana di cose certamente basate sul materiale o sulla tecnologia, come era il caso della Ferrari, sia il frutto anche di una sapiente utilizzo delle nostre tradizioni culturali artigianali e qui abbiamo trovato sensibilità nei cinesi perché è un popolo di grande storia e che riconosce all’Italia una tradizione culturale e una storia, in grado di apprezzare questo tipo di cose anche a livello di massa”.
Poi c’è il buon mangiare e il buon bere, terreno di competizione difficile visto che la Cina ha una forte tradizione culturale come noi. Servirà tempo e lavoro per imporre prodotti per l’uso quotidiano, anche se il vino sta avendo tassi di crescita incoraggianti, invece, racconta Quintieri, ”la gastronomia italiana sta prendendo piede, quasi tutti gli alberghi di lusso hanno un ristorante italiano e certamente stiamo soppiantando il predominio francese, perché i cinesi non amano le panne e le creme, amano più la nostra cucina, considerando anche che i ravioli e gli spaghetti li hanno inventati loro e c’è chi la Via della Seta la chiama Via dei Ravioli”.

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