La primavera araba cambia la moda, ma il ‘bikini’ mette a dura prova gli islamici
“Il velo islamico colorato che copre il capo, in arabo hijab, è la moda lanciata dalla primavera araba”. Ne è certo lo stilista palestinese Jamal Taslaq che parla degli effetti sul costume delle recenti rivoluzioni nel mondo arabo, tra ascesa di partiti islamici e voglia di libertà. “Con la primavera araba è cambiata la moda tra le donne mediorientali – spiega – L’ultima tendenza è quella lanciata dalle telegiornaliste”.
“Prima delle rivoluzioni nelle tv di stato, come quella egiziana, le conduttrici dei tg non potevano avere il velo. Ora invece hanno la libertà di indossarlo e molte usano veli dai colori sgargianti – dice – A fare scuola però sono state le telegiornaliste di ‘al-Jazeera’ che per prime hanno indossato il velo, usando colori molto forti e sofisticati come il turchese e il bluette”. Questa moda, secondo lo stilista, “potrebbe presto imporsi sulla tradizione dei veli neri e grigi usati fino a questo momento soprattutto nei paesi arabi del Golfo”.
Secondo Taslaq “la moda dopo la primavera araba è cambiata soprattutto perché ora si respira aria di speranza. I giovani sperano di poter vivere finalmente nel benessere e quindi noi stilisti notiamo che c’è una maggiore attenzione alla moda da parte loro”.
“Si moltiplicano le sfilate e i progetti in questo senso nei paesi del Golfo – spiega – Ma guardiamo anche al Nord Africa e in particolare alla Libia, che è da sempre un paese ricco di petrolio, ma dove la dittatura non lasciava libertà all’arte e alla moda. Il paese che meglio risponde è invece il Marocco, dove aumenta il benessere e quindi la possibilità di spendere soldi per un vestito di moda. L’apertura del Marocco Mall a Casablanca, il più grande centro commerciale dell’Africa e del Medio Oriente, va proprio in questo senso”.
Taslaq ha partecipato lo scorso anno al festival della moda di Marrakech. “I miei modelli hanno riscosso grosso interesse da parte delle donne marocchine – aggiunge – Nel loro paese c’è una moda locale fatta di kaftani colorati molto belli, che iniziano ad essere usati anche in Europa, soprattutto d’estate”.
Secondo lo stilista, “ora con questa primavera araba i giovani vogliono la libertà e il benessere e nei paesi dove sono cadute le dittature c’è voglia di partecipare ad eventi mondani. Per questo sto registrano una forte richiesta di vestiti da sera e di abiti da sposa”.
Non tutti i cambiamenti, però, vanno in questa direzione. I partiti islamici che si stanno affermando nei Paesi della ‘primavera araba’ hanno infatti una dura prova ora da affrontare: il ‘bikini’ sulle spiagge. In Marocco, Egitto e Tunisia il turismo dai Paesi occidentali rappresenta una percentuale consistente del Pil, rispettivamente il 14%, l’11,5% e il 7%, ma la recente vittoria dei partiti filo-islamici alle elezioni che si sono svolte di recente nei tre Paesi pone interrogativi sulle sorti di un settore vitale e molti osservatori si chiedono se i nuovi governanti riusciranno a dare prova di moderazione e a conciliare i loro principi dottrinali con le esigenze economiche dei loro Stati.
In Marocco, gli islamici hanno conquistato 107 seggi su 395 nel parlamento, in Tunisia il partito ‘al-Nahda’ ha ottenuto 41,47% dei seggi dell’assemblea costituente e in Egitto i Fratelli Musulmani hanno totalizzato il 36,62% dei voti al primo turno delle elezioni legislative, le prime dell’epoca post-Mubarak, mentre i salafiti sono secondi col 24,36% dei consensi.
Tutto questo “in Paesi senza petrolio, dove il turista, la sua birra al tavolino, il bikini della sua fidanzata e i suoi euro solo la prima fonte di introiti”, spiega il sito di notizie ‘Slate Afrique’. Se l’indomani della vittoria, ‘Al-Nahda’ si è affrettato a rassicurare gli animi dichiarando che i turisti in Tunisia non saranno toccati, i salafiti del partito egiziano ‘Al-Nour’, incoraggiati dal successo del primo turno, hanno fatto sapere pochi giorni fa che vieteranno l’alcool e il turismo balneare, che a loro avviso “stimola il vizio”.
Ma “l’elettore ha un bel da essere credente, deve pur mangiare, e gli islamisti sanno che il fervore dell’elettorato non reggerà di fronte al piatto vuoto, le spiagge vuote, gli hotel vuoti”, sottolinea ‘Slate Afrique’. E’ così che un rappresentante di ‘Al-Nour’ ha fatto sapere che la sua corrente intende promuovere un turismo ‘islamic-friendly’.
“Il partito non vuole vietare il turismo balneare, ma vogliamo un turismo più ‘halal’ (ossia lecito secondo l’Islam, ndr)”, ha detto l’esponente salafita. Da tutto questo, precisa il sito, si capisce che “la prova ‘bikini’ sarà dura e rischia di creare divisioni all’interno della famiglia salafita tra moderati pragmatici e ortodossi ad oltranza”. E altrettanto duri saranno gli sforzi “per conciliare la promozione della sharia e i bagni di sole, per riempire tanto gli alberghi quanto le moschee”.
Da qualche parte hanno già esplorato delle soluzioni. In Algeria, ad esempio, qualcuno ha inventato il ‘trikini’, noto anche come ‘burkini’, un costume intero fatto in modo tale da coprire ogni traccia di attributo sessuale, ovviamente destinato alle donne. Altrove viene applicato un tipo di turismo ‘offshore’, con zone destinate esclusivamente ai turisti stranieri. “L’Islamismo è fondamentalmente un’utopia: vuole creare la Città giusta della fine dei tempi, la Città di Dio, ma anche la Città di Dio ha bisogno di un budget, in euro o in dollari. E gli islamici eletti lo sanno bene”, conclude il sito.
Fonte: Adnkronos