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La polizia nepalese aggredisce e bastona i tibetani in preghiera

La polizia nepalese aggredisce e bastona i tibetani in preghiera

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La polizia nepalese ha caricato e bastonato decine di esuli tibetani che avevano organizzato stamane una preghiera nel tempio buddista di Bauddha, a Kathmandu.
Il gruppo, il Tibetan Refugee Welfare,  aveva organizzato anche ieri una riunione, sempre a Bauddha, per ricordare i 52 anni delle rivolta tibetana del 10marzo 1959 contro la dominazione cinese. Ma la polizia è intervenuta contro la folla per prevenire dimostrazioni per la libertà del Tibet, caricando e colpendo i presenti, con un bilancio di oltre 15 feriti e alcune decine di arresti.
La veglia di preghiera iniziata ieri doveva concludersi stamane e per questo i tibetani si sono di nuovo radunati nel tempio. Ma la polizia è di nuovo intervenuta con i bastoni, ferendo e arrestando decine di persone.
Il portavoce della polizia Bigyan Raj Sharma nega che le forze dell’ordine sia intervenuta a un incontro di preghiera, perché “la polizia nepalese non attacca per una preghiera e la rispetta. Ma ho avuto notizia che essa ha disperso un assembramento dopo avere avuto notizia che stavano preparando una dimostrazione su luoghi sensibili”. “Rilasceremo gli arrestati dopo l’esito delle indagini”.
Analisti osservano che queste parole confermano che comunque vi è stato un attacco della polizia di tipo preventivo e contro una pacifica riunione.
Il monaco buddista Ringmoche Lama denuncia che “la polizia ci ha aggredito durante una pacifica preghiera presso un nostro santuario. Nei Paesi laici ogni religione è libera di riunirsi e pregare nei proprio luoghi consacrati. Ma in Nepal veniamo attaccati e feriti”. “L’attacco contro la nostra preghiera pacifica evidenzia che in questo Paese non abbiamo libertà religiosa e diritti, perché non stavamo nella strada, né stavamo programmando alcuna dimostrazione di protesta”.
In Nepal ci sono oltre 20mila rifugiati ufficiali registrati presso le Nazioni Unite, ma con probabilità il numero è assai maggiore. Dal 2008 le autorità hanno accolto le pressioni della Cina di non permettere proteste anticinesi, specie davanti all’ambasciata cinese o altri luoghi simili.
Tasi Lama mostra i lividi per le bastonate sulla schiena e spiega: “stavo offrendo la mia preghiera, con gli occhi chiusi e le mani congiunte nella stanza per la preghiera, e d’improvviso la polizia mi ha aggredito”.
Oggi la polizia nepalese presidia ancora in forze le possibili zone di protesta a Kathmandu, come Bauddha, l’ambasciata cinese e gli uffici delle Nazioni Unite.

Yulia Shesternikova ( fonte Asia News )

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