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Universo cinema. A tavola con Ferzan Ozpetek

Universo cinema. A tavola con Ferzan Ozpetek

Redazione

L’arte e il cibo sono fonti d’ispirazione per Ferzan Ozpetek, regista da sempre abituato a raccontare la vita con allegria e insieme amarezza. Nelle sue opere, la cucina è quasi un luogo dell’anima, un rifugio caldo nel quale ritrovarsi tutti insieme per festeggiare un lieto evento o ricordare un amico scomparso. E sia in veste di regista sia di cuoco, Ozpetek non lascia mai a bocca asciutta.

Quanto il cibo fa vivere i tuoi personaggi?

Nella mia vita, così come nei miei film, il cibo è sempre un tramite per avviare rapporti umani, un’occasione per stare insieme, una

Ferzan Ozpetek

sorta di bene culturale che ha in sé secoli di storia e tradizioni. La buona tavola è una passione che mi porto dietro da bambino e le tavolate sono sempre state importanti per me. Del resto anche la sceneggiatura va cucinata, tanto che, nella maggior parte dei miei lavori, da Le fate ignoranti a Mine vaganti, da Saturno contro a Magnifica presenza, capita che i protagonisti si ritrovino dietro ai fornelli o attorno a una tavola finemente imbandita per confrontarsi, per esprimere i propri stati d’animo, per svelare segreti o farsi intime confidenze, in una sorta di terapia di gruppo.
In Mine vaganti, la storia di famiglia prende le mosse da un pastificio e il convivio scandisce le varie fasi della storia. Attorno a una tavola i figli trovano il coraggio di manifestarsi ai genitori. Mi viene in mente la scena in cui Riccardo Scamarcio e Nicole Grimaudo mangiano dei tramezzini preparati insieme guardandosi negli occhi, in silenzio. In Saturno contro, invece, sono gli arancini a far la parte da leone, mentre ne La Finestra di fronte ci sono meravigliose torte, fino a Magnifica presenza, in cui Elio Germano, prepara, di notte, centinaia di cornetti freschi, in una maniera meticolosa.

Che cosa mangiate durante le riprese?

Niente “cestino” (il pasto tradizionale degli attori mentre girano un film ndr). O si va in un piccolo ristorante tradizionale per assaggiare i piatti tipici oppure ci si dedica al rito della pizza, con tutte le sue varianti. C’è chi la preferisce bianca, chi rossa, chi alta, chi bassa, chi con tanta mozzarella. C’è pure chi sta seguendo una dieta e quindi deve mangiare solo frutta. Insomma si cerca di accontentare tutti, perché mangiare è il modo migliore per stare insieme, perché per lavorare ho bisogno di sentire intorno a me persone soddisfatte e allegre. Io cerco sempre di coinvolgere tutti i protagonisti e gli interpreti. Quando interagisci con loro è come se avessi tanti figli. Sono creature strane, di un altro pianeta, più difficili dei bambini e devi far sentire a ognuno di loro il tuo amore e la tua attenzione. Allo stesso tempo, cerco di essere sempre propositivo e ricettivo con tutta la troupe. Mi piace l’energia, l’atmosfera che viene fuori da un progetto che tutti sentono proprio.
Così, alla fine, sono contento che dicano “il nostro film” e non il “film di Ferzan”.

Posso dedurre che la tua stanza preferita sia la cucina?

Sì, è proprio la cucina. Vivo da oltre 30 anni nello stesso palazzo, nel quartiere Ostiense a Roma, e la cucina è praticamente all’ingresso di casa. Ho un tavolo grande, col piano di legno grezzo. Qui riunisco gli attori per le riunioni o per la lettura dei copioni prima di iniziare a girare.
Qui consumo quotidianamente il piccolo rito di un pranzo o imbandisco, quasi ogni sera, la tavola per un’abbondante cena con gli amici più cari. Amo anche… il bagno. Il mio, se potessi, lo renderei più grande per metterci delle comode poltrone.

Tu sei di origini turche. Ti diletti anche con piatti della tua terra?

Quando sono a Istanbul preparo sontuose colazioni con feta e formaggio kasar, olive condite, uova con salame sujuk, ciambelle simit, tè. Però, visto che da tantissimi anni vivo a Roma, ormai sono molto più bravo con la cucina italiana che ritengo essere la più ricca e variegata. Conosco bene il patrimonio gastronomico di tutta la penisola, mi piace sperimentarlo nei sapori e nei gusti, ma poi elaboro una mia filosofia del gusto.

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Cosa ne pensi della contaminazione in cucina?

Quando vedo, in giro per l’Italia, numerosi ristoranti o bar che fanno il kebab mi viene da ridere. Così come quando sono all’estero e mi ritrovo dinnanzi a locali che propongono la pizza. Credo che ogni nazione debba puntare sulla sua classicità, senza mescolare. La globalizzazione si è imposta velocissima e ha prodotto un risultato opposto a quello che ci si aspettava, abbiamo bisogno di punti fermi, di cercare la stabilità delle origini, anche in cucina.

Con tutte queste bontà culinarie, come fai a tenerti in forma?

Non sono proprio in forma…! Se non cucino io, vado al ristorante. Ricordo una volta che, con il mio compagno, ci siamo regalati una vacanza in Sicilia e il filo conduttore non erano tanto i monumenti, le bellezze del territorio, ma i locali da provare. Ovvio che la pancia ne risente.
Dovrei dimagrire ancora. Faccio sport, ho una piccola palestra in casa, ho smesso di fumare, ma poi non rinuncio a un buon bicchiere di vino rosso. Ho eliminato però i superalcolici. Non consumo mai cibi pronti, quando riesco compro prodotti biologici. E poi vorrei cercare di diventare vegetariano, eliminando la carne, ma alla fine la mangio e mi sento sempre un po’ ipocrita.

Redazione online Fonte Cucina Naturale

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