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Quello che nessuno vi dice del cibo biologico

Quello che nessuno vi dice del cibo biologico

Redazione

Chissà quanti di noi si sono mai domandati, acquistando un prodotto biologico, quanto realmente questo prodotto faccia bene alla salute e all’ambiente, ovvero quanto sia davvero meritato il prezzo maggiore che paghiamo per esso e i soldi pubblici che Stato, regioni, UE e via discorrendo destinano alla sua tutela, certificazione e promozione.In pochi, probabilmente: che un prodotto biologico sia migliore è un concetto talmente scontato che nel tempo si è trasformato in verità rivelata.

Ma su che basi? Se lo sono chiesti all’American journal of clinical nutrition, che ha provato a fare un’antologia degli studi scientifici affidabili sulle proprietà degli alimenti biologici. Un lavorone: hanno trovato ben 98.727 pubblicazioni da esaminare. Il criterio previsto per la successiva selezione non era neanche così severo, dato che per essere considerata affidabile una pubblicazione scientifica deve rispondere al requisito minimo di essere stata sottoposta a peer review, ovvero la verifica della ricerca da parte di altri scienziati, eppure, alla fine, di 98.727 studi solo dodici (12!) hanno superato l’esame.

Questo significa che le convinzioni diffuse sulle proprietà degli alimenti biologici si fondano essenzialmente su dodici ricerche serie ma soprattutto su altre decine e decine di migliaia di pubblicazioni inattendibili, dato che alla fine del lavoro l’istituto di ricerche ha sentenziato che “da una revisione sistematica della letteratura oggi disponibile, non vi sono evidenze di effetti collegati alla salute come risultato del consumo di alimenti biologici”.

Per quanto riguarda i benefici per l’ambiente il quadro è paradossalmente peggiore: su Proceedings of the National Academy of Sciences of United States of America hanno provato a immaginare un mondo in cui si dovesse dare da mangiare alla popolazione mondiale attuale attraverso le tecniche produttive del 1960, che se non erano biologiche a quei tempi poco ci manca (tra il 1961 e il 2005, mentre la popolazione mondiale cresceva del 111%, la produzione agricola è aumentata del 162%): ebbene, bisognerebbe deforestare e rendere coltivabile una superficie superiore a quella della Russia.

Perché il biologico è una tecnica meno produttiva, tanto meno produttiva che per convincere gli agricoltori ad adottarla è necessario compensare le rese mancate con sussidi e contributi, e se vogliamo ridurre la produttività di un ettaro di terreno è necessario aumentare gli ettari coltivati, non si scappa. E’ una buona politica ambientale?

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La moderna agricoltura intensiva, inseguendo l’efficienza produttiva e il contenimento dei costi, tende a ridurre l’impatto ambientale: irrigazione a goccia, lavorazione minima e semine su sodo, accorpamenti fondiari e abbandono dei terreni marginali, impiego degli Ogm. Rinunciare, come stiamo facendo in Italia, alle opportunità offerte dalla ricerca biotecnologica per continuare a rincorrere delle chimere potrebbe rivelarsi una scelta disastrosa e controproducente

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