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Il Tagikistan, la più povera tra le cinque repubbliche ex sovietiche

Il Tagikistan, la più povera tra le cinque repubbliche ex sovietiche

Redazione

Nei giorni scorsi il regime di Emomalii Rahmon, oltre a cedere alla Cina più di mille chilometri quadrati di territorio frontaliero che Pechino rivendicava dal 1884 (un area montuosa del Pamir ricca di miniere d’oro, uranio e altre ‘terre rare’, oltre che di abbondanti sorgenti), ha anche dato in affitto a Pechino duemila ettari di terre arabili nella provincia sud-occidentale di Khatlon, che nelle prossime settimane verranno seminate a riso e cotone da almeno 1.500 ‘coloni’ cinesi.

In un paese prevalentemente agricolo ma quasi completamente montuoso, dove meno del 6 per cento del territorio è arabile, dare terre buone a contadini stranieri viene visto come un affronto da parte della popolazione. ”Perché devono dare terre alla Cina? Perché non le danno a noi che viviamo in condizioni disperate? Questa cosa avrà brutte conseguenze! ”, ha detto un contadino tagico a un reporter di Radio Free Europe/Radio Liberty.

”Il paese trarrà vantaggio da questo accordo, perché i cinesi porteranno qui le loro moderne tecniche di coltivazione e di irrigazione”, rassicura il ministro tagico dell’Agricoltura, Tilomurod Daniyarov, ricordando che inoltre la terra non viene sottratta ai suoi connazionali, perché i contadini cinesi verranno a coltivare terre che negli ultimi anni hanno visto una forte emorragia di contadini locali emigrati in Russia in cerca di fortuna.

Già da alcuni anni, Pechino è diventato il primo investitore nel paese. Dal 2007 la Cina ha costruito in Tagikistan, con manodopera cinese, infrastrutture stradali ed energetiche per 4 miliardi di dollari.
La gran parte degli operai cinesi inviati nel paese centroasiatico per realizzare questi progetti, al termine dei lavori sono rimasti lì.

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Così, negli ultimi tre anni, la comunità degli immigrati cinesi in Tajiskitan è triplicata, arrivando a contare almeno 82 mila membri.
Il bazaar principale della capitale Dushanbe, dove fino a qualche anno fa era raro vedere mercanti cinesi, oggi conta oltre cento banchi gestiti da cinesi.

Per Rustam Haidarov, sociologo, ”tutto questo è il primo passo di qualcosa di molto più grande”, in cui è possibile riconoscere la tipica strategia soft-colonialista cinese. ”La politica cinese mira a occupare paesi stranieri in maniera graduale e silenziosa. Dislocando la sua popolazione in Tagikistan la Cina persegue i suoi interessi economici, anche a danno dei nostri, e col tempo guadagnerà anche influenza politica”.

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