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Hangzhou, condannato a 4 anni un dissidente della “primavera araba” soffocata da Pechino

Hangzhou, condannato a 4 anni un dissidente della “primavera araba” soffocata da Pechino

Redazione

Nonostante i toni riformisti dell’ultima Assemblea nazionale del popolo, il governo cinese continua a usare il pugno di ferro contro i dissidenti: Xue Mingkai, uno dei protagonisti della “Repressione dei gelsomini”, è stato condannato a 4 anni di carcere per “sovversione del potere statale”. Lo riporta il Chinese Human Rights Defender, che sottolinea come l’attivista sia stato detenuto per un anno intero senza alcuna condanna o incriminazione legale. Nel timore che anche in Cina potesse scoppiare un movimento simile a quello della “primavera araba”, Pechino ha arrestato migliaia di persone.
I particolari del caso di Xue Mingkai non sono noti. Il governo utilizza l’accusa di “sovversione” per coprire qualunque forma di dissenso si presenti sul territorio nazionale. Lou Baosheng, attivista di Hangzhou, pensa che il motivo alla base dell’arresto sia una lettera che Xue ha scritto insieme a lui per chiedere chiarezza al governo dopo la morte sospetta di un altro attivista, Qian Yunhui, che chiedeva al popolo cinese di “alzarsi in piedi per la democrazia”.
Xue è stato prelevato dalla polizia il 26 febbraio del 2011: come al solito, le autorità non hanno inviato alcuna comunicazione formale relativa all’arresto alla famiglia o al legale del dissidente. Si tratta di una pratica ormai resa legale dall’Anp, che ha tramutato in legge un procedimento già in atto: in pratica, la polizia può detenere fino a un anno chiunque, senza alcun bisogno di una sentenza o di un’accusa. È divenuto legale anche non comunicare nulla di tutto questo ai familiari dell’arrestato.
Grazie a questo nuovo strumento, per fermare la “Rivoluzione del gelsomino”, nel corso del 2011 la polizia ha portato 2.795 dissidenti nelle cosiddette “black jail”, prigioni nascoste, senza avvertire familiari o legali dell’arrestato; 163 sono stati costretti ai domiciliari; 25 sono stati allontanati con la forza in un’altra provincia rispetto a quella di residenza; 7 sono stati ricoverati in maniera coatta negli ospedali psichiatrici. Nelle prigioni vere e proprie sono finiti 89 dissidenti; 72 sono stati condannati alla detenzione criminale, nei bracci speciali del carcere; 60 condannati ai lavori forzati. Di tutti questi casi, l’86 % non ha alcuna base legale; il 6 % ha una base, ma incerta.

Asia News

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