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Busines politico, partita a scacchi

Busines politico, partita a scacchi

Redazione

La sofferenza di un popolo… una guerra che nel corso dei mesi è diventata sempre più cruenta….
Un busines politico, le colpe del quale a pagare sono i civili innocenti, senza colpa colpevoli.  Migliaia di morti e feriti tra i quali soprattutto donne e bambini. Da mesi non ci sono piu’ medicine… non c’è acqua corrente… non c’è elettricità… non hanno da mangiare…non hanno da bere… una guerra senza fine…
Situazione peggiora di giorno in giorno.. bombardamenti, esplosioni, torture, strage dei civili. Vivere e morire in Siria…
Quando la realtà supera ogni possibile ipotesi catastrofica, si piange senza lacrime scappando verso la Turchia, verso il Libano… verso la pace ma via, via dalla Siria. Chi può fugge con ogni mezzo….
Paura… terrore… disperazione… hanno sostituito la gioia e l’amore delle creature innocenti. Oggi si muore così in Siria, dove la vita non ha più alcun valore.
Siamo ad al-Masna, il confine tra Libano e Siria, dove ogni giorno continuano ad arrivare i profughi siriani. Secondo i dati UNHCR, solo nell’ultima settimana sarebbero 4 mila i profughi siriani registrati presso le Nazioni Unite. Ma non tutti decidono di rivolgersi all’Onu, in molti preferiscono attraversare il confine illegalmente. In generale  sarebbero 164 mila rifugiati siriani registrati all’agenzia delle Nazioni Unite in Libano.
Secondo un recente rapporto di World Vision sulla condizione dei bambini siriani in Libano, solo l’80% di loro sarebbe tornato sui banchi di scuola, mentre molti avrebbero iniziato a lavorare. In una recente intervista al quotidiano “As-Safir” il premier libanese Najib Miqati ha dichiarato che Il Libano non può chiudere i suoi confini ai rifugiati siriani, ma adotterà le misure di sicurezza necessarie per controllare i confini e aiutare ai profughi. Il Libano ospita già mezzo milione di palestinesi in campi rifugiati sparsi in tutta la nazione. Inoltre, 3000 palestinesi hanno attraversato il confine col Libano la scorsa settimana in seguito ai pesanti bombardamenti sul campo rifugiati di Yarmouk, il più grande della Siria.
Con l’aggravarsi della guerra in Siria alcuni tradizionali alleati di Damasco in Libano abbiano cominciato a prender le distanze. Il Partito di Dio, Hezbollah, sta lentamente cambiando atteggiamento in nome della priorità di mantenere la sua legittimità e la sua forza. Senza aver abbandonato il presidente Bashar al Assad, nelle ultime settimane il movimento sciita alleato dell’Iran ha inviato segnali di voler trovare un compromesso con le altre forze locali e di non potersi più prestare al rischioso gioco del regime di Damasco.
Ma non si tratta solo di Hezbollah, ma anche del presidente del parlamento Nabih Berri e di tantissime altre personalità minori che da almeno trent’anni servono gli interessi degli al Asad. Per questi personaggi, la vita deve continuare anche dopo una probabile caduta del potere in Siria.
“Siamo preoccupati”, ha detto il responsabile delle relazioni internazionali di Hezbollah, Ammar Moussawi. “Ma noi siamo convinti che il governo siriano rimarrà in piedi e saprà respingere l’attacco straniero. Stiamo anche pensando a piani alternativi, poiché se dovesse cadere Assad, non esisterebbe più la Siria, ma degli emirati e un’escalation della guerra civile che avrebbe conseguenze negative non solo per la Siria. Noi collaboriamo con i governi e le forze militari per fare da mediatori, il nostro ambiente è pulito, non ci sono interferenze integraliste, siamo un movimento di resistenza che non ha la cultura della violenza. La forza si usa solo quando un nemico attacca, ed è finalizzata alla difesa. Rifiutiamo l’attacco. Gli attacchi che in questo momento si stanno verificando a Tripoli, a nord del Paese, sono il frutto di pericolose infiltrazioni, che non sono in grado però di intaccare le nostre fila”. “Sono sicuro che l’Occidente non attaccherà la Siria”, continua Moussawi,”la Siria non è la Libia, non avranno né il coraggio né la capacità di entrare a far parte del conflitto siriano. Vorrebbe dire guerra internazionale. Penso che continueranno una guerra per procura. Questa guerra per procura coinvolge anche la Turchia, più “ottomana” oggi di quanto fosse durante l’Impero ottomano, e i Paesi del Golfo Persico, i maggiori finanziatori dei jihadisti islamici che agiscono in Siria.

Il Segretario Generale degli Hezbollah del Libano, Seyyed Hassan Nasrallah ha dichiarato che Turchia, Qatar ed Arabia Saudita sono responsabili dell’intensificazione delle violenze in Siria e dell’aumento delle vittime in questo paese.

Secondo Press TV, il leader del più potente partito libanese ha fatto queste considerazioni in occasione del discorso pronunciato in occasione della ricorrenza di Arbaeen, il lutto sciita che indica il quarantesimo giorno seguente all’anniversario del martirio dell’Imam Hossein (la pace sìa con lui). Nasrallah nel discorso ripreso dalla tv, fatto nella località di Baalbek, ha ribadito che il problema della Siria ha una soluzione unicamente politica ed ha ricordato che il proseguimento del conflitto nel paese potrebbe avere conseguenze molto gravi. “Se la battaglia in Siria prosegue potrebbe essere lunga, sanguinaria e distruttiva”, ha detto Nasrallah. Il leader degli Hezbollah ha poi ricordato che il Libano, in tutto il Medioriente, è la nazione che risente maggiormente del conflitto in Siria ed ha fatto appello ai partiti libanesi affinchè non azzardino mosse che possano coinvolgere la nazione nella crisi siriana.

Importante anche la nota di Nasrallah sui takfiristi, gli estremisti che, ha spiegato, sono l’esito dei complotti degli Stati Uniti ai danni della comunità islamica.

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Il Libano è il piccolo vicino della Siria che continua a risentire delle conseguenze pesanti della guerra civile in corso a Damasco. Nonostante le tensioni in alcune zone di Beirut, Sayed Nasrallah ha invitato il suo partito e la comunità sciita alla moderazione e alla calma.
Nel frattempo, la popolazione civile continua a morire, sperando che domani sia un giorno migliore per la Siria.

Yulia Shesternikova inviata speciale di 1channel in Medio Oriente

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